venerdì 19 ottobre 2012

Ben Affleck presenta Argo a Roma

Argo, ovvero l'azione segreta per liberare sei cittadini Usa durante al crisi degli
ostaggi in Iran del '79: accanto al ruolo poco noto della Cia, ce n'e'
un altro ancor piu' misconosciuto, quello di Hollywood, con un film,
Argo appunto, orchestrato ad hoc per liberare i sei. Ora a parlarne e'
il grande schermo, grazie a un thriller basato su quei fatti realmente
accaduti (desecretati da Bill Clinton), desunti dal saggio 'The Master
of Disguise' di Antonio Mendez e un articolo di Wired: ancora Argo,
diretto, interpretato e prodotto da Ben Affleck e dall'8 novembre
nelle nostre sale in 300 copie targate Warner Bros.
''Sono due le responsabilita' - dice Affleck - per un film
tratto da una storia vera: creare l'empatia tra personaggi e pubblico
e attenersi alla Storia. Serve equilibrio, al massimo qui c'e' qualche
omissione, perche' se ne sarebbe potuto fare una miniserie di 10
ore''. Ma, a maggior ragione considerando che la crisi degli ostaggi
porto' alla fine del presidente Carter e all'insediamento di Reagan,
Argo e' un film politico? ''No, volevo semplicemente ritornare a
quella situazione in Iran di 30 anni fa, e la voce in fuori campo di
Carter e' solo il miglior commento possibile'', precisa Affleck.
Inoltre, ''il cinema non salva il mondo o le persone, e' una forma
d'arte, garantisce la piena espressione di un individuo, e deve far
commuovere''.
Parla di ''amore per il cinema'' e ''omaggio a chi si sacrifica
per il proprio Paese'', Ben, sottolineando: ''Amo il mio Paese in modo
molto pragmatico, e sono da sempre interessato ai legami umani, al di
la' dei confini nazionali''. Ma la politica ritorna: ''L'Occidente ha
chiuso un occhio su corruzione e repressione dei dittatori amici, e
oggi e' ovvio pensare a Mubarak, alla rivoluzione verde iraniana. E
con un pizzico d'ironia, perche' questi moti hanno cooptato molte
caratteristiche della rivoluzione islamica, sebbene oggi il bersaglio
sia proprio Ahmadinejad.
D'altronde, per il film, che abbiamo girato in Turchia, non ho trovato nessun iraniano disposto a recitare per il timore di rappresaglie su di se' e la propria
famiglia: non e' fiction, in Iran c'e' un regime stalinista''. Non
solo, prosegue Affleck, ''sono rimasto sorpreso e intristito per
Bengasi (il recente attacco al consolato Usa in cui e' rimasto ucciso
anche l'ambasciatore Chris Stevens, NdR): Argo e' appunto un omaggio a
chi si sacrifica, ma e' davvero triste vedere come la storia si
ripeta, non ci siamo allontanati dagli eventi del film''.
Alla sua terza regia dopo Gone Baby Gone e The Town, Affleck
confessa che ''non e' facile tornare dietro la macchina da presa'',
mentre per un attore si tratta di ''fare provini, e se sei fortunato
cogli l'opportunita', come chi muore di fame e quando raggiunge una
tavola imbandita prende tutto quel che puo'''. Tra i produttori
figurano anche Grant Heslov e Clooney: ''Con George ti senti protetto,
e' molto intelligente, vi consiglio di lavorare con lui''.
Viceversa, per bocca di Alan Arkin e John Goodman, che al fianco
del Tony Mendez di Affleck, specialista CIA di esfiltrazioni,
interpretano le altre due menti creative del progetto Argo (il film
nel film), sentiamo parlare di Hollywood come terra di cialtroni, dove
anche un macaco puo' fare il regista: ''No, non e' proprio cosi' -
scherza il regista-attore - e se dicessi altrimenti come potrei
tornare a casa? Quelli di John e Alan sono personaggi iperbolici,
eppure un fondo di verita' c'e': Hollywood e' come Washington, tutti
spingono e sfruttano i vantaggi, e' il prodotto della competizione, ma
per fortuna ho anche dei buoni amici che non ti mentono ogni giorno.
Comunque, presumo che qualche macaco giri davvero per Hollywood,
magari lo sono anch'io''.