venerdì 14 febbraio 2014

Il Capitale umano

Cronaca semiseria d'un evento inscenato sull'Appia di Roma, dentro al Raccordo. Visioni Hipster. Quanto vale la tua vita? Te lo dice Virzì.

HIPSTER




Appuntamento alle 18:15 davanti al Maestoso. Peccato io fossi davanti al Trianon. Maledetti cinema a distanza di due metri sull’Appia. Io, povero abitante di Roma Nord, continuo a perdermi. Poco importa, sono comunque riuscito a entrare prima dell’inizio dell’ultimo di Virzì, Il Capitale Umano. 

Ma poi cos’è sto capitale umano? Si scopre all’ultimo fotogramma del film, e io sono della politica no spoiler, quindi non dirò nulla. Avevo visto il trailer del film e non avevo comunque capito dove si volesse andare a parare. Film diviso in capitoli sui personaggi principali della storia, ripercorriamo un anno di grande vita in Brianza dai diversi punti di vista. Quando è iniziato il secondo capitolo, uno sveglione dietro di me non capiva perché rivedessimo alcune scene. Effetto Rashomon? No, eh? Peccato. Andiamo avanti. 

Primo capitolo su Bentivoglio e la sua fame di scalata sociale. Il suo qualunquismo e la sue sciarpette colorate abbastanza irritanti. Non meritava di essere sposato con la Golino. Passiamo al secondo, molto più interessante, di Valeria Bruni Tedeschi, donna annoiata dell’alta società, un passato da attrice. Il suo essere svanita e in cerca di qualcosa-ma-non-sa-neanche-lei-cosa sono adorabili. La sua voglia di riscattare il teatro cittadino ci regala una delle scene più belle del film: la riunione con gli intellettuali della zona. Magnifico quadretto, di cui fa parte anche Lo Cascio, nel ruolo un po’ macchiettistico dell’artista tipo Stefano Satta Flores in Ci eravamo tanto amati. 

Il capitolo più bello è sicuramente quello della ragazza protagonista, Serena, interpretata da Matilde Gioli, una che Virzì ha letteralmente preso per strada, che mi ha piacevolmente sorpreso. Bella, brava, mi ricorda una giovane Eva Green. Nel suo capitolo si svelano alcuni punti rimasti in sospeso in precedenza, e si ha finalmente la svolta pseudo-thriller-familiare del film. Milioni di poster citazionisti nella sua camera, motocicletta e cappotto da paura. È la ribelle nella panorama giovanile del paesotto, che non è poi tutto sto granché, pieno di giovani future matricole della Bocconi e della Luiss, insomma. 

Il momento clou del suo capitolo forse voleva emozionare, ma non c’è riuscito poi così tanto. Grande shout out per due persone che conosco (con tanto di dita ad indicare lo schermo): l’aiuto regia del film, Miguel Lombardi, in una piccola comparsata che fa in un bar, e Valeria Colombo, commessa del negozio dell’antiquaria amica della Bruni Tedeschi. Solitamente non amo troppo i film italiani. Questo devo dire che non è proprio malaccio, su.