martedì 23 ottobre 2012

"I Soliti idioti" sanno anche scrivere

Il fenomeno comico degli ultimi anni. Dalla successo della quarta serie su Mtv, canale da cui nasce il progetto, a Sanremo passando per il web, i Soliti Idioti hanno riempito le sale dei cinema e le pagine dei giornali, suscitato risate e polemiche, creato personaggi tanto sgradevoli da risultare orrendamente realistici al punto da essere rappresentati anche in teatro. Adesso, il debutto in libreria con Mondadori.
“Mi presento. So’ Ruggero de Ceglie, imprenditore. C’ho pure un fijo che se chiama Gianluca ed è un po’ stronzo. Sta sempre su Facebruk a premè i bottoni e pensa solo ai bruchi. Ogni tanto lo guardo e penso: ‘Fai quarcosa, esci, divertiti, vai a puttane, qualunque cosa! Dài cazzo, Gianluca!!!’” C’è Ruggero, ovviamente, in questo primo libro dei Soliti Idioti. Ma ci sono anche Patrick e Alexio che discutono sul senso della vita: “Minchia … figa … la vita! Cioè … figa! L-a v-i-t-a! Figa! Minchia e la morte?! Porco dighel … la morte … Minchia la morte ammazzati! Figa la morte ucciditi. Minchia e dopo la morte? Minchia boooh”. Ci sono Niccolò e Gigetto con i loro temini: “Titolo: Il mio migliore amico. Svolgimento: Il mio migliore amico è la droga.”
I due preti che propongono un piano di marketing per rilanciare la Chiesa con il “Vangelo secondo Boi-Giorgio”. Giampietro e Marialuce nel “torneino di tennissino”, un fotoromanzo immoralista e imperdibile. La postina che tortura il povero Sebastiano con i suoi “dica …” fra le strisce di un divertentissimo fumetto. E poi i quindi-quindi, il precario, la ministra... E Fabio e Fabio che rispondono alla rubrica “Il mammo” sulla gravidanza omosessuale. (Sì! Hai letto bene: “Omosessuale”. Be’?! Che c’è?! Per caso ti dà fastidio la parola “o-m-o-s-e-s-s-u-a-l-e”?!).
I Soliti Idioti hanno raccolto in questo libro il meglio della loro dirompente creatività, della loro splendida cattiveria, del loro anarchico cinismo. Ogni capitolo è una coppia di personaggi, ogni coppia di personaggi un vizio, un difetto, un occhio impietoso che ci spia, una maschera che ci rappresenta, che orrendamente ci assomiglia. E forse proprio per questo ci fa morire dal ridere.