venerdì 4 gennaio 2013

Tarantino: Django, un film oltre il razzismo


''In genere il pubblico americano e Hollywood hanno come eroe un bianco e non immaginano che si possa vedere il razzismo con gli occhi di un altro di colore.
Ora, per quanto l'europeo bianco e cacciatore di taglie Schultz possa capire il mondo della violenza e del razzismo negli Usa nel 1850, solo il suo allievo di colore Django puo' davvero comprendere, non con la ragione, ma con la pancia, la violenza che lo circonda''. Questa forse la frase chiave di Quentin Tarantino, oggi alla conferenza stampa a Roma del western Django Unchained, con protagonisti Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Kerry Washington e Samuel L.Jackson.
Un film, nelle sale in 500 copie distribuite da Warner dal 17 gennaio, dedicato soprattutto al razzismo, come riconosce lo stesso regista di Pulp Fiction. Protagonisti appunto Django (Jamie Foxx), schiavo di colore reso libero dal colto Dott. King Schultz (Christoph Waltz), cacciatore di taglie di origine tedesca, per essere aiutato nel suo lavoro.
Django diventera' allievo piu' che talentuoso di Schultz e si mettera, insieme al tedesco, sulla tracce dell'amata moglie Broomhilda (Kerry Washington), venduta schiava tanti anni prima.
La ricerca della donna li portera' nel regno del cattivo dei cattivi, una sorta di Caligola di nome Calvin Candie (Leonardo DiCaprio), proprietario della piantagione Candyland. Django e Schultz troveranno la donna, ma incapperanno nei sospetti di Stephen (Samuel L. Jackson), lo schiavo-padrone di Candie.
''Non replico a Spike Lee - dice il premio Oscar Jamie Foxx facendo riferimento alle accuse del regista di Malcolm X che aveva detto che non avrebbe visto Django per come era trattato il razzismo -. Non voglio sprecare il tempo per rispondergli.
Abbiamo solo cercato di realizzare nel modo migliore quel tema, ma ci aspettavamo che avrebbero sparato sul film''. Dello stesso parere la Washington che aggiunge: ''sapevamo dell'elevato livello di sensibilita' verso l'argomento, ma l'importante e' che abbia suscitato un dibattito''. Mentre a chi chiede all'attrice che cosa pensi del razzismo negli Usa oggi, replica con sicurezza: ''mi sembra non sia un problema solo americano. Basti pensare a quello che e' successo al Milan''.
Ma le parole forti sul razzismo e sulle scene splatter del film (tra cui quella di un nero fatto sbranare dai cani) arrivano da Samuel L. Jackson: ''la nostra responsabilita' era convincere il pubblico di colore della verita' di quello che facevamo, di fargli capire che non mentivamo. Se avessimo mentito ci avrebbero fatto saltare lo schermo. E noi lo sapevamo''.
Per quanto riguarda invece il titolo, ispirato a Django di Sergio Corbucci e alla sua passione per gli spaghetti western, spiega Tarantino: ''Mi sono sempre piaciuti i western in tutte le loro forme, ma ho avuto anche un debole per quelli tedeschi.
Comunque i maccheroni western, cosi' li chiamiamo in America, sono i piu' amati da me per il loro surrealismo e per gli estremi che presentano''.
Tra Corbucci e Sergio Leone? ''E' una scelta salomonica dire chi e' il migliore. Sono diversi: Leone era per le epopee gigantesche anche esteticamente, mentre Corbucci e' piu' semplice e prolifico''.
Nel futuro di Tarantino? ''E' vero, come ho gia' detto, sto lavorando a una sceneggiatura sullo sbarco in Normandia. Ma non e' detto che sia il prossimo film - risponde -. A sbarcare nella prima ondata furono solo militari bianchi. I neri vennero solo dopo e per seppellire i morti. Ma anche per fare questo lavoro, i bianchi non davano troppa fiducia ai loro fratelli di colore e li controllavano con le armi puntate e davano loro armi senza proiettili''.
Infine, sui recenti fatti di violenza negli Usa, Tarantino dice solo: ''E' una cosa molto triste''.