martedì 13 novembre 2012

Francesco Rosi lo chiama Cinematografo

Francesco Rosi tra due giorni spegnera' le candeline dei suoi novant'anni con un libro appena uscito per Mondadori 'Io lo chiamo cinematografo' (Mondadori), nato da una lunga conversazione con Giuseppe Tornatore e con nel cuore un incontro speciale, quello di oggi al Teatro Quirino di Roma, alla presenza del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, citato nel libro. Con un gesto di generosita' fuori programma, il presidente Napolitano ripescando nella memoria ha ricordato il primo incontro con Rosi e la stima rimasta negli anni. ''Ci siamo conosciuti - io sono un po' piu' giovane di lui - quando mi sono iscritto all'Universita' nell'ottobre-novembre del 1942.
Abbiamo preso strade diversissime, ogni tanto negli anni ci siamo incontrati, mai persi di vista. Siamo rimasti fedeli a quella ispirazione di 70 anni fa. Ciao, Franco, tanti auguri'', ha detto il Capo dello Stato prima di lasciare il teatro spiegando che ''l'unica salvezza per l'Italia era perdere la guerra. Questo spirito ci e' rimasto''.
Rosi, che spera emergano le virtu' del nostro Paese (''gli sforzi che sta facendo il presidente Monti e la sua compagine sono molto importanti'' ha detto), non si e' commosso ma dire ''che sono onorato significa poco'', ha spiegato alla fine dell'incontro a cui sono intervenuti Roberto' Ando', Irene Bignardi, Furio Colombo, Emiliano Morreale ed Eugenio Scalfari, con fra i grandi ospiti in platea Ennio Morricone, Lina Wertmuller, Luciano Montaldo, Franca Valeri, Sergio Zavoli, Paolo Villaggio in tunica nera con giacca rosa.
''Questa riunione mi conforta perche' mi fa pensare di aver ragione quando dico che e' indispensabile lavorare sulla realta' cercando di farla capire bene ai cittadini che la vivono.
Perche' la realta' e' complessa, puo' essere molto dura e ambigua. E' questo quello che dovrebbe fare la scuola'', ha detto il regista di film come 'Salvatore Giuliano', 'Le mani sulle citta'' e 'Cristo si e' fermato a Eboli', che ha ricevuto il Leone d'Oro alla carriera all'ultima Mostra del Cinema di Venezia.
''Questa occasione di incontro e' stata molto importante per me. Il Cinema oggi dovrebbe cercare di recuperare il racconto di una certa verita' e non solo della realta' e invece, purtroppo, vince la regola dello spettacolo'' e poi ha aggiunto: ''la politica e' una cosa talmente complessa e fondamentale che bisogna cercare di capire come viverla. Dire 'tutti ladri' non significa nulla. Ho fatto una piccola predica ma, non lasciamo soli i ragazzi''.
Tornatore ha raccontato come nei due anni e mezzo di lavoro per questo libro Rosi, con cui si e' creata una profonda affinita' intellettuale e umana, lo chiamasse scherzando ''torturatore''. La genesi dell'autobiografia e' ben ripercorsa nel video 'Il cinematografo e' una malattia?' di Marta Pasqualini, realizzato per questa occasione e pieno di aneddoti.
''Il crollo del palazzo con cui si apre 'Le mani sulla citta'' lo ho voluto fare davvero'', dice Rosi e poi: ''Antonioni mi ha insegnato il rapporto dell'attore con la macchina da presa, Monicelli una certa disinvoltura e Visconti mi ha insegnato tutto''. Ando' ha definito Rosi ''un poeta della realta' che e' stato con il Cinema un civilizzatore''. Furio Colombo ha sottolineato che la domanda: ''cosa c'e' dietro?' e' alle radici del suo Cinema'' ed Eugenio Scalfari ha fatto notare come ''Le mani sulla citta''' sia un ''film attualissimo, sembra fatto oggi''.