lunedì 21 gennaio 2013

Addio a Massimo Castri

Massimo Castri e' considerato, con Luca Ronconi, il nome di punta della regia italiana contemporanea, almeno nel senso di quella regia che ha comportato una radicale revisione della prassi teatrale, in base alla quale i molteplici codici della messinscena sono posti pariteticamente al servizio del regista, artefice unico, responsabile di una sua personale critica ottica creatrice, capace di entrare all'interno, smontare e rivelare il senso di un testo che trova coerenza e poesia nello spettacolo che ne nasce. Esemplare in questo senso il suo lavoro sui testi di Pirandello.
Castri, che e' scomparso stamani a Firenze, avrebbe compiuto il 25 maggio 70 anni, essendo nato a Cortona quel giorno del 1943. Era malato da tempo, tanto che la sua ultima regia, ''La cantatrice calva'' di Ionesco, che e' in tournee questa stagione, l'ha realizzata da lontano. ''La mia situazione fa pensare all' enigmatica Cantatrice calva che da il titolo all' opera, disperatamente assente - disse alla viglia del debutto - Lo spettacolo e' mio nel progetto, ma tutti i meriti vanno a Marco Plini che lo ha seguito quotidianamente'', suo assistente fedele da 17 anni. L' idea registica e' stata quella di rendere realistico questo testo, uno dei manifesti del Teatro dell'Assurdo, facendo si che a contrasto con un tale impianto si evidenziasse ancor piu' la follia e il conformismo dei personaggi, il loro ''parlare, parlare senza dire niente, che ci riporta sicuramente alla realta' d'oggi''.
Pirandello, visto come il momento di crisi del Teatro borghese, resta comunque l'autore ideale per il lavoro di Castri, che ne ha messo in scena sei testi a partire da fine anni '70: ''Vestire gli ignudi'', ''La vita che ti diedi'', ''Cosi e' se vi pare'', ''La ragione degli altri'', ''Il berretto a sonagli'' e ''Quando si e' qualcuno''. Il suo scomporre e rimontarne le vicende, tra accelerazioni e spiazzamenti, citazioni extrateatrali, sconfinamenti (canzonette kitsch, simboli psicanalitici, toni da vaudeville nero....) amplificano l'intima tragedia pirandelliana, gli interrogativi sull'essere, quelli sull'impossibilita' di decifrare la realta', disgregando il tradizionale salotto borghese in inquietante e scomposta modernita', in un esistenziale nascere ed essere vittime. Massimo Castri esordi' come attore nel 1965, collaborando con importanti registi (tra il Piccolo di Milano, lo Stabile di Torino e di Genova e la Comunita Teatrale dell'Emilia e Romagna) e impegnandosi anche nel cinema (con la Cavani e i Taviani), allo stesso tempo svolgendo lavoro di critico e studioso ''Per un Teatro politico'', come si intitola il suo saggio su Piscator, Brecht, Artaud, pubblicato da Einaudi nel 1973, in cui rivendicava innazitutto un rinnovamento degli strumenti di comunicazione e non solo del messaggio trasmesso.
Passo' alla regia nel 1972 (la prima fu ''I costruttori d'imperi'' di Boris Vian) dopo esssesri provato anche come drammaturgo (''Per uso di memoria'' sulla resistenza in Toscana) interessato a una scrittura d'impianto saggistico e metateatrale. Dal 1974 e' attivo in questa veste alla Loggetta di Brescia (dal 1975, Centro teatrale bresciano).
In seguito lavora con Emilia-Romagna Teatro, la Biennale di Venezia e nel 1990 avvia collabora in Toscana coi giovani dell'Atelier della Costa Ovest per un ''Progetto Euripide'' che proporra' nel medesimo giorno due spettacoli diversi in luoghi diversi: ''Elettra'' a Campiglia Marittima e ''Oreste'' a Rosignano Marittimo. Nel 1993 inizia la collaborazione con lo Stabile dell'Umbria sempre con opere di Euripide, nel 1994 diventa direttore artistico del Teatro Metastasio di Prato (dove realizza la monumentale ''Trilogia della villeggiatura'' goldoniana e, tra l'altro, ''Orgia'' di Pasolini, ''Fede e speranza'' di von Horvat), dal 2000 al 2002 guida lo Stabile di Torino e (si ricorda ''madame de Sade'' di Mishima) nel 2004 e' direttore della Biennale Teatro di Venezia. Tra le altre sue regie piu' recenti un ritorno all'amato Ibsen con ''Spettri'', ''Il padre'' di Strindberg, le ''Tre sorelle'' di Cechov.
Negli anni, oltre a essere stato protagonista di una sessione a Bruxelles di Ecole des Maitres, si e' dedicato anche all' insegnamento, alla Scuola Paolo Grassi di Milano e all'Atelier della Costa Ovest in Toscana. Ha vinto ben otto premi Ubu per la migliore regia dell'anno, oltre a altri diversi riconoscimenti.
Il Teatro, sosteneva, ''e' una delle forme fondamentali di conservazione e di trasmissione della cultura. A partire dalle basi storiche del Settecento, il Teatro all'estero viene considerato alla stregua della scuola. In Francia, ad esempio, e' uno strumento fondamentale per la conservazione della lingua, ma in Italia l'unica forma di Teatro che ha messo radici e' l'opera lirica, che e' diventato il nostro Teatro nazionale con radici storiche. Purtroppo il Teatro di prosa non ha radici storiche nel nostro paese''.