martedì 6 novembre 2012

Teatro, a Firenze "Il ballo delle ingrate"

In occasione di Florens 2012, il Museo Marino Marini presenta mercoledi' 7, giovedi' 8 e venerdi' 9 novembre ''Il Ballo delle Ingrate'', spettacolare opera multimediale, liberamente ispirata all'omonima operina di Claudio Monteverdi, ideato e diretto dall'artista e performer italiana Letizia Renzini con la
direzione musicale della soprano Italo svizzera Sabina Meyer. ''Il Ballo delle Ingrate'' e' il naturale sviluppo e ampliamento della ''Ninfa in lamento'', spettacolo in forma di concerto gia' presentato al Marini da Letizia Renzini e Sabina Meyer, insieme alla musicista Diana Fazzini.
Prende spunto dal voluttuoso mondo del teatro musicale seicentescodistaccandosene in una trasfigurazione interdisciplinare e tecnologica (grazie alla collaborazione con Avuelle) che ha come vocaboli e media l'analogico (corpo, voce, strumenti) e il virtuale (video, luce, musica elettronica). Questo lavoro ''site-specific'' muove dalle tematiche del libretto originale dell'operina omonima scritta da Claudio Monteverdi con Ottavio Rinuccini e rappresentato per la prima volta a Mantova nel 1604, confrontandosi e interpretando, in un'ottica spregiudicata e contemporanea, oltre che il meraviglioso
e sensuale mondo del Rinascimento femminile di Barbara Strozzi o Luzzasco Luzzaschi, anche le vicende del ''Concerto delle donne'', che rivoluziono' la musica profana italiana nel tardo XVI secolo.
''Il Ballo delle Ingrate'' e' anche un film di Ingmar Bergman realizzato per la televisione nel 1976, con le coreografie di Donya Feuer e le musiche di Claudio Monteverdi. Un'azione mimata in forma di balletto che si basa soprattutto sulle espressioni e sugli atteggiamenti dei personaggi piu' che sui
movimenti del corpo. Come ha detto l'autore stesso "un dramma senza parole'' o una "composizione coreografica''. Al centro della riflessione, il matrimonio e il suo rifiuto da parte di una tipologia femminile (letteraria e non) di tutti i tempi: l'ingrata, donna anticonvenzionale non disposta alla resa incondizionata all'altro prevista dalla relazione amorosa. A fronte di un dolce compromesso, l'Ingrata rifiuta il legame, preserva l'individualita' e non cede. Amazzone e zitella, emancipata e impossibile, dea e meretrice, talentuosa eindomabile, scomoda e attraente, ambi'ta e temuta, costantemente alle prese con la rappresentazione della femminilita', l'Ingrata si stacca, nello spettacolo, dal mondo letterario e si inserisce nelle contraddizioni di un presente concreto, trasfigurando tanto il repertorio musicale quanto la performance verso suggestioni contemporanee, in un'interpretazione audace e ironica, ma nel totale rispetto del materiale classico.
Quella dell'ingrata e' una condizione che finalmente travalica le questioni di genere e diventa esistenziale e condivisa. E cosi', allo stesso modo in cui l'ingrata monteverdiana affronta audacemente le vette del canto solista, lo spettacolo espande il repertorio superando le convenzioni del teatro musicale in una emozionante dimensione immersiva.
I volumi non convenzionali (non deputati alla performance, ne' alla musica) e l'articolata architettura del museo Marino Marini daranno vita ad uno spettacolo itinerante, dove il rapporto stabilito tra spettatore ed evento viene progressivamente aggirato e scardinato. Luci, immagini e video, creeranno un palcoscenico totale per una composizione multimediale fatta dimusica, danza, testo e suono. Tutti questi elementi potranno convivere in maniera agerarchica e originale in una ''composizione totale''. Quattro musiciste in scena: un trio classico e una cornice elettroacustica. Al repertorio classico si aggiungono suoni e composizioni di segno diverso: il live mix, le composizioni ambientali e alcuni brani diversi della produzione discografica moderna e contemporanea. La musica eseguita con strumenti tradizionali (viola da gamba, arpa) viene accarezzata da sublimazioni elettroacustiche che danno voce al subconscio, all'intimo pensiero che soggiace al testo. La coreografia e l'interpretazione di Marina Giovannini e' affiancata da due giovanissime danzatrici, e con loro si sperimenteranno le trasfigurazioni dei modelli coreografici seicenteschi e delle composizioni scultoree dell'epoca: quadri,
passaggi, bassorilievi che sulla scena rivelano una presenza fragile e trasparente. Theodora Delavault ha preparato una composizione originale multilingue e non lineare che si sviluppa in filigrana come riferimento costante e ''ossatura leggera'' dell'intero show. Il testo e' di volta in volta detto, cantato, proiettato, evocato. Parole e suoni, canti, emissioni non convenzionali e riferimenti poetici si intrecciano con la musica e la voce ''educata'' dei brani in repertorio, in un confronto costante tra vita e immaginazione, tra testo e contesto, tra digitale ed organico. La voce (dei cantanti, degli strumenti acustici ed elettronici, del testo), sara' la sintesi di tanta eccedenza di significato. Se la parte musicale mescola il repertorio ortodosso a una composizione di suoni e field recordings, la voce si pone qui come soglia tra l'essere e l'esterno, come avanguardia dell'Io. Il video sara' parte costitutiva della scena, della narrazione e della scenografia: il luogo del contemporaneo, della visione non filtrata, apoetica della realta'. Un doppio del reale dove tutto puo' accadere.