domenica 25 novembre 2012

TFF, 'Anija. La nave'

Finalmente con 'Anija. La nave', documentario di Roland Sejko, gli sbarchi degli albanesi visti con lo sguardo di uno di loro, raccontati da chi, sulle navi che da Durazzo partivano per l'Italia, c'era davvero. Come sul vecchio mercantile Legend, partito nel marzo 1991 e preso d'assalto da cinquemila albanesi in fuga dalla dittatura comunista, ormai al collasso.
Il documentario, distribuito e prodotto da Istituto Luce Cinecitta', evento speciale al Torino Film Festival, ha come caratteristica quella di raccontare le ragioni e le speranze di quell'esodo biblico ascoltando gli albanesi che parlano delle fughe dal 1991 al 1997.
''Nella mia citta' a 80 chilometri da Durazzo avevo avuto notizia di quel che stava accadendo nel porto e quando arrivai li', non so come fu, sentii l'impulso improvviso di andarmene dal mio paese'' spiega Sejko, allora 23/enne, che oggi vive e lavora in in Italia.
I tre esodi di massa raccontati sono quelli delle navi 'Legend', 'Vlora' e 'Kater i Rades', quest'ultima colata a picco con il suo carico umano dopo la collisione con una corvetta di pattugliamento italiana. Ma il documentario fa qualcosa di piu' e ricostruisce con inediti materiali d'archivio la tragedia comunista nascosta dalla propaganda, rivelando che la Legend era l'unica nave costruita in Albania per le vacanze proletarie del popolo.
Anija, a differenza de 'La nave dolce' di Daniele Vicari che si concentra sul respingimento degli albanesi della nave Vlora, offre la narrazione ricca di passione di chi e' stato protagonista di quelle vicende. ''Inizialmente avevo selezionato e intervistato 20 persone - spiega Sejko - ma alla fine ho utilizzato solo la meta' di queste conversazioni. In fase di montaggio ho seguito la storia. Il documentario doveva avere forma narrativa, i personaggi dovevano raccontare. Importante e' stato vederli com'erano all'arrivo. Attraverso un'altra lunga ricerca ho rintracciato Majlinda, dopo aver visto una fotografia di lei tredicenne in una mostra a Brindisi, e Ivo, attraverso Facebook, dopo aver trovato un'intervista di lui ragazzino trasmessa dalla Rai''.
Nel documentario anche la vicenda di Agron, imprenditore di un call-center in Albania. ''Lo racconto perche' e' la storia di un ritorno - spiega il regista -. Volevo mostrare chi ha studiato in Italia e poi ha avuto la possibilita' di realizzarsi nel suo Paese, creando un call-center dove, fatto simbolico, i giovani albanesi parlano solo italiano, pur non essendo mai stati in Italia. Avrei anche voluto seguire la vicenda di uno di questi ragazzi, ma sarei andato fuori strada. Quella di Agron e' innanzitutto una storia di speranza e non a caso chiude il documentario e va in controtendenza rispetto a vent'anni fa''.
Tra le immagini cult quelle dell'arrembaggio ''alla nave Vlora nel porto di Durazzo, stracarica, con 20 mila persone a bordo, che e' mostrato per la prima volta e che ho rallentato e ingrandito in ogni minimo dettaglio, per scoprire tante storie singole''. E ancora le toccanti, inedite immagini di un processo nell'Albania comunista di Enver Hoxha. ''Si tratta di un processo pubblico del 1978 in cui i capi d'accusa erano: tentativo di fuga dall'Albania, attivita' eversiva, agitazione e propaganda anticomunista come l'ascolto di musica capitalistica.
Era un Paese folle, gli accusati sono semplici contadini che vengono condannati a morte: e la sentenza viene applaudita dagli spettatori presenti in aula''.