martedì 27 novembre 2012

TFF, 'Su Re' secondo film italiano in concorso

Un Cristo brutto e, anche per questo ancora piu' pieno di umanita', e' quello che propone Giovanni Columbu in 'Su Re', secondo film italiano in concorso in questa trentesima edizione del Torino Film Festival, applaudito stamani alla prima proiezione stampa.
Il tutto e' affidato ad attori non sardi che si avvalgono della propria lingua nativa per pronunciare le parole del Vangelo e girato nei paesaggi piu' brulli della Sardegna (nel Supramonte di Oliena, in Barbagia, in Gallura, nell'Oristanese e nel Simis).
In 'Su Re' si racconta la passione di Gesu', dall'ultima cena alla crocifissione, attraverso una lettura sinottica dei quattro Vangeli in una ambientazione atemporale, con riprese dal taglio caravaggesco e costumi primitivi, mantelli neri di lana o pelli lunghe fino ai piedi. L'opera seconda di Giovanni Columbu, autore di 'Arcipelaghi', rielabora cosi' la storia sacra cercando di darle un senso vicino alla semplicita' di quelle genti, alla fragilita' di un popolo capace di nutrirsi di promesse e avere fede e, subito dopo, di rinnegare e odiare. Persone innocenti che si inchinano davanti a quel Gesu' che fa miracoli e poi, solo un attimo dopo, lo sbeffeggiano mentre viene portato sulla croce. Al grido di: ''Ma non eri tu quello che faceva miracoli? Dicevi di poter guarire e ora invece stai per morire!''.
''Credo che questo film - ha spiegato il regista - possa essere l'occasione per riscoprire alla radice l'identita' linguistica e culturale della Sardegna, i temi morali e sociali del Vangelo e fondere anche la vicenda originale con condizioni nuove, forse arricchendola di nuove espressioni del religioso e del tragico. Operazione che il cinema - ha continuato Columbu - non ha mai tentato apertamente. Anche la citta' di Matera di Pasolini e di Mel Gibson allude a Gerusalemme, ma se guardiamo alla storia dell'arte scopriamo che i pittori di quella grandiosa stagione che fu il Rinascimento hanno sempre risposto le vicende evangeliche nei loro paesi, hanno rivestito i protagonisti con i costumi del loro tempo e li hanno puntualmente collocati sullo sfondo delle loro architetture e dei loro passaggi''.
Ci tiene ancora a dire il regista: ''Centinaia di persone, persino i pazienti dei centri di salute mentale sono coinvolti nella messa in scena e messi nella condizione di recitare. Alla fine la cosa che forse risultera' piu' importante non sara' che un regista in qualche angolo del mondo abbia girato un nuovo film sul Vangelo, ma che tante comunita' di una regione avvertano cosi' profondamente il racconto evangelico da essere disposte a dare qualcosa di proprio e a mobilitarsi per renderne possibile il racconto''. Frase cult del film, che ha avuto la consulenza della Pontificia Facolta' Teologica della Sardegna, e' quella che chiude il cortometraggio con la morte di Gesu': ''Dopo tanto dolore lui torna a splendere e con lui il mondo''.